L'abbazia del delitto

I personaggi

Quello che i personaggi fanno serve a far capire meglio la storia, ciò che è avvenuto. Vicende e personaggi sono inventati, eppure ci dicono sull’Italia dell’epoca cose che i libri di storia non ci avevano mai detto con altrettanta chiarezza.

Guglielmo da Baskerville

Co-protagonista del romanzo: monaco francescano ed ex inquisitore. Uomo già moderno, presenta elementi del detective Sherlock Holmes e dello stesso Eco.

Guglielmo poteva avere cinquanta primavere ed era dunque già molto vecchio, ma muoveva il suo corpo instancabile con una agilità che a me sovente faceva difetto. La sua energia pareva inesauribile, quando lo coglieva un eccesso di attività. Ma di tanto in tanto, quasi il suo spirito vitale partecipasse del gambero, recedeva in momenti di inerzia e lo vidi per ore stare sul suo giaciglio in cella, pronunciando a malapena qualche monosillabo, senza contrarre un solo muscolo del viso.

Adso da Melk

Co-protagonista e narratore ormai anziano nella cornice del romanzo. Ingenuo e volenteroso in gioventù, è invece disilluso in tarda età.

Mi sentii confuso e timoroso dei miei pensieri. Forse essi non si addicevano a un novizio che doveva solo seguire con scrupolo e umiltà la regola, per tutti gli anni a venire – ciò che poi ho fatto, senza pormi altre domande, mentre intorno a me sempre più il mondo sprofondava in una tempesta di sangue e follia.

Abbone da Fossanova

Abate del monastero.

Abbone – si dice – era figlio naturale del signore di questa plaga, era cresciuto nell’abbazia di Fossanova, si diceva che giovinetto avesse assistito san Tommaso quando morì laggiù e avesse curato il trasporto di quel gran corpo giù per la scala di una torre da dove il cadavere non riusciva a passare... quella era la sua gloria, mormoravano i maligni quaggiù... Fatto è che fu eletto abate, anche se non era stato bibliotecario, e fu istruito da qualcuno, credo Roberto, ai misteri della biblioteca.

Adelmo da Otranto

Giovane miniatore; primo morto.

“Adelmo da Otranto,” disse Malachia guardando Guglielmo con diffidenza, “lavorava, a causa della sua giovane età, solo sui marginalia. Aveva una immaginazione molto vivace e da cose note sapeva comporre cose ignote e sorprendenti, come chi unisse un corpo umano a una cervice equina".

Venanzio da Salvemec

Ellenista e traduttore dal greco e dall’arabo; secondo morto.

"Ma certo! L’idolum è l’immagine dello specchio! Venanzio pensava in greco e in quella lingua, più ancora che nella nostra, eidolon è sia immagine che spettro..."

Berengario da Arundel

Aiuto bibliotecario; terzo morto.

A parlare era stato Berengario da Arundel, l’aiuto bibliotecario. Era un giovane pallido, e osservandolo mi ricordai della definizione che Ubertino aveva dato di Adelmo: i suoi occhi parevano quelli di una donna lasciva. Intimidito dagli sguardi di tutti che ora si posavano su di lui, teneva le dita delle mani allacciate come chi voglia reprimere un’interna tensione.

Severino da Sant’Emmerano

Erborista; quarto morto.

Mentre mi rivoltavo verso l’uscita, vidi davanti a me un altro monaco. Poteva avere la stessa età di Guglielmo. Ci sorrise e ci salutò urbanamente. Disse che era Severino da Sant’Emmerano, ed era il padre erborista, che aveva cura dei balnea, dell’ospedale e degli orti, e che si metteva al nostro servizio se avessimo voluto orientarci meglio nel recinto dell’abbazia.

Malachia da Hildesheim

Bibliotecario; quinto morto.

Non ebbi peraltro il tempo di osservare il loro lavoro, perché ci venne incontro il bibliotecario, che già sapevamo essere Malachia da Hildesheim. Il volto di costui cercava di atteggiarsi a una espressione di benvenuto, ma non potei trattenermi dal fremere di fronte alla sua singolare fisionomia. Il suo viso era pallido, e benché egli dovesse essere appena alla metà del suo cammino terreno, una rete sottile di rughe lo faceva simile non tanto a quello di un vecchio ma, come mi parve al primo sguardo (e Dio mi perdoni), a quello di una vecchia, per un non so che di muliebre nei suoi occhi profondi e melanconici.

Alinardo da Grottaferrata

Anziano monaco affetto da demenza senile; alterna deliri apocalittici a momenti di lucidità.

il vecchissimo Alinardo da Grottaferrata: quasi centenario, claudicante e d’aspetto fragile, e – mi parve – assente di spirito. Ci disse di lui l’Abate che, novizio già in quella abbazia, sempre vi aveva vissuto e ne ricordava almeno ottant’anni di vicende.

Remigio da Varagine

Cellario dell’abbazia ed ex dolciniano, processato e condannato da Bernardo Gui.

Il cellario era uomo pingue e di aspetto volgare ma gioviale, canuto ma ancor robusto, piccolo ma veloce. Ci condusse alle nostre celle nella casa dei pellegrini.

Salvatore

Ex dolciniano; parla un misto tra latino e volgare, noto per il suo grido “Penitenziagite”, storpiatura del motto dei seguaci di Dolcino Penitentiam agite!

L’essere alle nostre spalle pareva un monaco, anche se la tonaca sudicia e lacera lo faceva assomigliare piuttosto a un vagabondo. Non mi è mai accaduto in vita, come invece accadde a molti miei confratelli, di essere visitato dal diavolo, ma credo che se esso dovesse apparirmi un giorno, non avrebbe altre fattezze di quelle del nostro interlocutore. La testa rasata, ma non per penitenza, bensì per l’azione remota di qualche viscido eczema, la fronte bassa, ché se egli avesse avuto capelli sul capo essi si sarebbero confusi con le sopracciglia (che aveva dense e incolte), gli occhi erano rotondi, con le pupille piccole e mobilissime, e lo sguardo non so se innocente o maligno, e forse entrambe le cose, a tratti e in momenti diversi.

Jorge da Burgos

Monaco anziano e cieco, in passato bibliotecario dell’abbazia.

Chi aveva parlato era un monaco curvo per il peso degli anni, bianco come la neve, non dico solo il pelo, ma pure il viso, e le pupille. Mi avvidi che era cieco. La voce era ancora maestosa e le membra possenti anche se il corpo era rattrappito dal peso dell’età. Ci fissava come se ci vedesse, e sempre anche in seguito lo vidi muoversi e parlare come se possedesse ancora il bene della vista. Ma il tono della voce era invece di chi possieda solo il dono della profezia.

Bernardo Gui

Implacabile inquisitore domenicano a capo della legazione pontificia.

D’altra parte la mia attenzione si rivolse subito al personaggio di cui più avevo udito parlare in quei giorni: Bernardo Gui, come lo chiamavano i francesi, o Bernardo Guidoni o Bernardo Guido come lo chiamavano altrove. Era un domenicano di circa settant’anni, esile ma diritto nella figura. Mi colpirono i suoi occhi grigi, freddi, capaci di fissare senza espressione, e che molte volte avrei visto invece balenare di lampi equivoci, abile sia nel celare pensieri e passioni che nell’esprimerli a bella posta.

Contadina

Unica donna del romanzo, non le è assegnato neanche un nome. Si unisce ad Adso per una notte, viene poi catturata e processata per stregoneria.

Poi, come per fugare quel lemure, la mia mente si rivolgeva ad altre immagini di cui la memoria fosse fresco ricettacolo, e non potevo evitare di vedere, evidente ai miei occhi (agli occhi dell’anima, ma quasi come se apparisse innanzi agli occhi carnali), l’immagine della fanciulla, bella e terribile come esercito schierato in battaglia.

Margherita

Compagna di frate Dolcino.

“Anche la bella Margherita?”
Ubertino mi guardò: “Ti sei ricordato che era bella, vero? Era bella, dicono, e molti signori del luogo tentarono di farla loro sposa per salvarla dal rogo. Ma essa non volle, morì impenitente con quell’impenitente del suo amante. E questo ti serva di lezione, guardati dalla meretrice di Babilonia, anche quando assume la forma della creatura più squisita.”

Anna

Figlia di Dolcino e Margherita. Personaggio non presente nel romanzo, è stato aggiunto nella serie TV.