L'abbazia del delitto

Il film

Un palinsesto cinematografico

Nell’autunno del 1986 Il nome della rosa riceve il suo primo adattamento. L’omonimo film, una co-produzione italiana, francese e tedesca diretta da Jean-Jacques Annaud, si configura sin dall’inizio come un palinsesto del romanzo di Umberto Eco: un’opera dalla vita autonoma rispetto all’originale, che vi si appoggia nelle strutture principali senza volerne fornire una chiave di lettura univoca.

La trama del film segue l’interpretazione in chiave poliziesca de Il nome della rosa: al tramonto del Medioevo, Guglielmo da Baskerville (Sean Connery) e Adso da Melk (Christian Slater) si trovano a investigare una serie di misteriosi omicidi all’interno di un’abbazia benedettina del nord Italia. Il film si apre con la stessa cornice narrativa del libro, attuata tramite un voice over semplificato rispetto ai brani corrispondenti del romanzo, che ritorna in alcune scene successive per meglio spiegare lo svolgersi degli eventi.

L’obiettivo dichiarato del film è quello di coronare il sogno europeo di un cinema d’intrattenimento “intellettuale”, in grado di coniugare una trama dai ritmi sostenuti con una rappresentazione accurata della cultura – religiosa, intellettuale, materiale – del tardo Medioevo.

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Tutti i numeri del film

Genere
Drammatico

Paese
FranciaGermaniaItalia

Anno
1986

Durata
132 minuti

Regia
Jean-Jacques Annaud

Sceneggiatura
Giacomo Battiato, Andrea Porporati, John Turturro, Nigel Williams

Montaggio
Jane Seitz

Scenografie
Dante Ferretti

Budget
17 milioni di dollari

Incassi
7 milioni $ (USA) 
77 milioni $ (Europa)

Distribuzione (Italia)
Columbia Pictures Italia
– Domovideo

David di Donatello 1987 (miglior costumista, miglior produttore, miglior scenografo, migliore fotografia)

Premio speciale David René Clair a Sean Connery

Nastri d’Argento 1987 (migliore scenografia, migliore fotografia, migliori costumi)

BAFTA 1988 (miglior attore protagonista a Sean Connery, miglior truccatore)

I protagonisti

Sean Connery (Guglielmo da Baskerville)

L’attore scozzese Sean Connery (1930-2020) è noto ai più per avere interpretato per primo il ruolo di James Bond nei primi sette film dell’omonimo franchise cinematografico dal 1962 al 1983. Durante la sua lunga carriera ha ricoperto spesso il ruolo di protagonista eroico, tipico del cinema d’azione. Negli ultimi decenni, tuttavia, ha anche interpretato ruoli di mentore come quello di Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa

Il Guglielmo di Sean Connery, uomo più di pensiero che di azione, mantiene connotati simili a quelli del libro, sia dal punto di vista fisionomico che psicologico. Durante le riprese del film Connery, che in preparazione al proprio ruolo aveva letto il romanzo di Umberto Eco, si è dimostrato restio nei confronti della riduzione delle citazioni filosofiche nel copione; contrattando con gli sceneggiatori, è riuscito a inserire qualche frase ripresa dal romanzo nelle sue battute.

Christian Slater (Adso da Melk)

Figlio d’arte nel settore della recitazione seriale, l’attore newyorkese Christian Slater (1969-) ha esordito all’età di sette anni in una soap opera. Ha interpretato il ruolo di Adso ne Il nome della rosa a soli quindici anni. Dopo aver ottenuto riconoscimenti nel mondo di Hollywood per il film Schegge di follia ha acquisito una certa fama per essere finito più volte nei guai con la legge, principalmente per guida in stato di ebbrezza e possesso illegale di arma da fuoco.

Christian Slater e Sean Connery hanno recitato insieme un’altra volta dopo Il nome della rosa, nel film del 1991 Robin Hood, principe dei ladri (dir. K. Reynolds).

I retroscena

Le scene ambientate nel dormitorio, nello scriptorium (allestito nelle stanze originariamente adibite a dormitorio), nella cappella e nella basilica sono state girate in Germania, più precisamente nel monastero di Eberbach a Eltville-Rheingau, non lontano da Magonza.
Per la ricostruzione della biblioteca dell’abbazia benedettina, oltre che per le scene in esterna, si è invece scelto di allestire dei set a Cinecittà. L’edificio dell’abbazia, con la sua imponente struttura riconoscibile anche dall’esterno e fondamentale ai fini della trama, è stato ricostruito dallo scenografo Dante Ferretti a Fiano Romano.
Una scena del film: lo scriptorium dell’abbazia.
Le scene ambientate nello scriptorium dell’abbazia sono state girate al monastero di Eberbach, nelle stanze originariamente adibite a dormitorio.
Un’altra delle ispirazioni per l’abbazia de Il nome della rosa è l’abbazia di Santa Scolastica a Subiaco, uno dei principali centri di riproduzione di libri manoscritti del tardo Medioevo. Proprio qui fu prodotto nel 1465 il primo libro stampato con la tecnica dei caratteri mobili in Italia.
L’ispirazione principale per l’edificio costruito a strapiombo su un’altura è la Sacra di San Michele, abbazia benedettina del decimo secolo situata in Val di Susa, non lontano da Torino.
La struttura dell’abbazia de Il nome della rosa prende invece ispirazione, oltre che dalla Sacra di San Michele, dalla fortezza di Castel del Monte. Situata in Puglia, a pochi chilometri da Andria (BT), Castel del Monte presenta infatti le caratteristiche torri ottagonali innestate sulla pianta dell’edificio, anch’esso a pianta ottagonale.
Una scena dal film: i dintorni dell’abbazia. Come sostiene il direttore Jean-Jacques Annaud, le vedute paesaggistiche sono state ispirate dalle scene dipinte dai pittori romantici tedeschi dell’Ottocento.
Le poche scene ambientate fuori dall’abbazia, tra cui figura la strada percorsa da Guglielmo e Adso all’inizio del film, sono state girate in Abruzzo, nei sentieri intorno a Rocca Calascio (AQ).
I tunnel in cui si avventurano Guglielmo e Adso sono delle autentiche catacombe romane: non essendo riuscito a ottenere l’autorizzazione alle riprese dal Vaticano, Annaud ha ripiegato su un altro tunnel, collocato sotto a un ristorante a Roma.
Una scena del film: il portale dell’abbazia.
Il portale dell’abbazia così come è stato rappresentato nel film prende ispirazione dal timpano del portone sud dell’abbazia di San Pietro a Moissac, nel sud della Francia, raffigurante scene dell’Apocalisse di Giovanni.
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Ricezione del pubblico e della critica

A fronte del fatturato e del successo del romanzo, il film de Il nome della rosa ottiene un ampio successo in Europa con un ricavato di 77 milioni di dollari. Il responso della critica è invece poco più che sufficiente.

1/5
Dal libro più venduto e meno letto del mondo un drammone tetro e monotono, che ha perduto l'ironia di Umberto Eco conservandone solo la pesantezza. Disseminato di esseri mostruosi e deformi [...] strizza l'occhio alla cassetta puntando apertamente sul giallo e lasciando (fortunatamente) perdere la filosofia.
3/5

Reduced to its story (as the screen adaptation is) about who dumped Brother Venantius into the cauldron of pig's blood, head-first, and why, ''The Name of the Rose'' becomes lightweight as well as lugubrious.

Dal testo allo schermo

La sceneggiatura del film, con la sua struttura prettamente poliziesca, è pensata per un pubblico ampio, ben diverso dal “lettore ideale” di Umberto Eco. L’ambientazione e il contesto storico restano gli stessi, ma sono inseriti in una cornice volutamente molto meno complessa e più manichea rispetto al romanzo. Ad esempio, le lotte di potere all’interno della Chiesa, così come le tematiche filosofiche, vengono riassunte in poche, brevi scene.

Cinque principali differenze di adattamento

Il verso di Bernardo Morliacense

Nella versione finale del film il riferimento al titolo, con il verso "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus", è stato tagliato, ma era inizialmente previsto e la breve scena, filmata nella sua interezza, si può ritrovare nel documentario La rosa dei nomi distribuito insieme al DVD.

L'ordine di Adso

Nel romanzo Adso è un novizio dell’ordine dei benedettini, mentre nel film è un francescano come Guglielmo da Baskerville: questo cambiamento non ha influenzato l’economia scenica del film, ma è incoerente rispetto alle considerazioni che Adso da vecchio, ormai disilluso nei confronti del pensiero innovativo proposto dal mentore Guglielmo, compie nella cornice narrativa del romanzo.

Alinardo da Grottaferrata

Una mancanza importante nel cast dei personaggi del film è quella di Alinardo da Grottaferrata, vecchio monaco ormai affetto da demenza le cui divagazioni sul tema apocalittico sono importanti per determinare il cambiamento di rotta nelle indagini di Guglielmo e Adso.

La biblioteca

Nel film la biblioteca dell’abbazia è rappresentata in modo molto più labirintico rispetto al romanzo: laddove Eco l’aveva pensata come una struttura dotata di ordine logico, e soprattutto collocata su un solo piano, il film la rappresenta con una struttura a più piani, fatta di rampe di scale, atri e corridoi, ispirata alle incisioni di Giambattista Piranesi e alle illustrazioni di M. C. Escher.

Il finale

La caratterizzazione dei personaggi è più manichea rispetto al libro anche nel finale del film, dove Annaud sceglie di rompere la veridicità storica in favore dell’human drama. Al contrario di quanto mostrato nel film, nel romanzo e nella realtà Bernardo Gui non muore nel 1327. Al contrario, la ragazza amata da Adso nel romanzo viene condannata al rogo per stregoneria, mentre nel film riesce a sfuggire alla pena capitale.