A partire dalle Postille, ossia le “istruzioni del testo” fornite dallo stesso Eco, passando per gli adattamenti e i documentari sulle produzioni sceniche, fino a gadget come giochi da tavolo: la quantità e la natura dei prodotti che il romanzo ha ispirato permette di effettuarne una lettura che metta in relazione in un sistema integrato questo insieme eterogeneo di contenuti con il concetto di Transmedia Storytelling.
Il concetto di transmedia storytelling si riferisce a un processo in cui elementi fondamentali di una storia vengono dispersi sistematicamente attraverso più canali di comunicazione, con lo scopo di creare una sola esperienza di intrattenimento coordinata. Idealmente ogni medium fornisce il suo contributo unico allo sviluppo della storia.
[il transmedia storytelling] è segno di una progressione verso un modello di cultura più partecipativo, un modello che non vede il pubblico come un semplice insieme di consumatori di messaggi precostruiti, ma come un insieme di persone che danno forma, condividono e riconfigurano il contenuto dei media anche in modi imprevisti.
Il film de Il nome della rosa si presenta inizialmente come un adattamento poco complesso: la trama, ridotta quasi del tutto all’intreccio di tipo giallistico, non presenta infatti particolari divergenze rispetto alla fonte originale, almeno fino alle scene finali.
Ciononostante, l’adattamento di Annaud può essere considerato un’espansione narrativa de Il nome della rosa in quanto incoraggia gli spettatori a immedesimarsi in alcuni personaggi e a disprezzarne altri, li coinvolge nel mistero che si cela all’interno dell’abbazia conservando le unità fondamentali della narrazione e sfrondandone al tempo stesso le digressioni.
Anche l’unica licenza presa a livello di trama, sulla sorte di Bernardo Gui e della ragazza amata da Adso, è finalizzata a far prevalere l’human drama, aumentando il grado di coinvolgimento nel pubblico.
Al momento della messa in onda della serie TV de Il nome della rosa le narrazioni transmediali sono già state da tempo codificate e hanno raggiunto un ruolo di spicco all’interno della cultura di massa. Gli otto episodi de Il nome della rosa restituiscono l’intreccio completo di tutti i sottotesti, attualizzando una materia narrativa che già nel testo di partenza aveva come obiettivo parlare della modernità descrivendo il tardo Medioevo.
In particolare, l’estensione attuata nell’adattamento seriale de Il nome della rosa riguarda principalmente la questione dell’eresia dolciniana e del ruolo svolto dai movimenti ereticali nella società del quattordicesimo secolo. Dolcino, la compagna Margherita e la figlia Anna, personaggi non presenti nel romanzo, sono i protagonisti di una storyline parallela rispetto agli avvenimenti dell’abbazia.
La serie arricchisce quindi i riferimenti intertestuali già presenti nel romanzo, aggiungendo o riattivando la dimensione sociale e collettiva, creando nuovi collegamenti senza snaturare l’architettura del testo originale.
Intorno a Il nome della rosa orbita una grande quantità di paratesti, ossia di materiali secondari esterni eppure collegati al medium principale.
Le Postille a Il nome della rosa, ad opera di Eco, sono il primo prodotto in ordine cronologico ad assolvere a questa funzione. Grazie a queste “istruzioni” il lettore ha accesso a una quantità di retroscena degna delle migliori note di regia cinematografiche: i titoli di lavoro del romanzo e i motivi per cui Eco li ha scartati, il lavoro svolto sul mondo narrativo e le modalità di stesura di descrizioni e dialoghi. Ad esse si aggiungono, nell’ultima edizione, appunti e disegni preparatori.
Gli adattamenti sono invece accompagnati da interviste al cast e ai produttori, documentari in cui i registi descrivono il percorso che ha portato dall’ideazione al prodotto finito, trailer e retroscena capaci di attrarre nuovo pubblico e al tempo stesso intercettare la curiosità dei fan più appassionati, attivando così le dinamiche complementari di spreadability e drillability nei confronti del prodotto a cui fanno riferimento.
C’è stata un’istanza particolare in cui un prodotto creato e distribuito dagli appassionati ha raggiunto uno status di notorietà addirittura superiore rispetto a quello del testo a cui si ispira: è questo il caso de La abadía del crimen, videogioco cult dell’età dell’oro del software spagnolo e adattamento non ufficiale de Il nome della rosa.
La abadía del crimen diventa ben presto il simbolo di una generazione di giovani spagnoli che, anche senza aver mai letto il libro di Eco, partecipano attraverso il videogioco alle avventure di Guglielmo e Adso. Il successo ispira anche la produzione di diversi remake.
La produzione e distribuzione su scala locale, attraverso un mezzo di comunicazione ancora agli albori, de La abadía del crimen permette di considerare il videogioco come una forma aurorale di spreadable medium, originato al di fuori delle dinamiche aziendali degli enti produttori e dei grandi franchise.
Se si esclude il caso del videogioco, i prodotti ispirati da Il nome della rosa sono caratterizzati da una scarsa quantità di user-generated content. Ciononostante, le avventure di Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk si sono “spalmate” anche su mezzi di comunicazione anche molto diversi tra loro, grazie all’interesse suscitato dal romanzo di Eco in artisti, compagnie e aziende, che includono, ma non si limitano, a:
Il sito Web
L’editoria multimediale offre molteplici strumenti utili al Transmedia Storytelling. In questo caso, per rappresentare in modo intuitivo e interattivo la rete di riferimenti intertestuali originata da Il nome della rosa, si è scelto di realizzare un prodotto multimediale ibrido, in grado di combinare la struttura del longform giornalistico con l’interattività degli elementi dei siti Web.
Per realizzare da zero un prodotto multimediale così complesso è stato fondamentale avere la massima possibilità di personalizzazione e una modalità di lavoro design-first.
Grazie al page builder per WordPress Elementor Pro, con i suoi elementi preinstallati e aggiuntivi, è stato possibile inserire componenti dinamiche e interattive interagendo il minimo possibile con il codice HTML. La struttura WYSIWYG di Elementor permette di passare agilmente dal mock-up alla versione definitiva del sito Web.
Realizzato con l’ausilio di:
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